Luigi Fasolato
L'autore
Sono un motociclista appassionato di avventura e fuoristrada con la mia KTM 890 Adventure. Istruttore FMI di tecniche di guida in fuoristrada, sono impegnato a tempo pieno nella realizzazione e gestione di tour motociclistici in tutto il mondo con il Marco Polo Team. Ho già compiuto numerosi raid in diverse parti del mondo, unendo la passione per la moto all'impegno in attività di promozione e fundraising sul campo fondando e gestendo il progetto umanitario In Moto con l’Africa.
Ci sono giornate in cui non serve attraversare mezza Italia per sentirsi altrove. Basta salire in sella, puntare il muso della moto verso nord-est e infilarsi tra le ombre fresche del Montello, quel rilievo anomalo e carico di mistero che spunta all’improvviso dalla pianura trevigiana come un’isola di verde in un mare di vigne.
Per noi che amiamo le maxienduro e l’off-road leggero, il Montello è una miniera di sorprese. Curve dolci, sterrati che ti accarezzano le gomme, silenzi profondi e un passato che vibra ancora sotto la pelle di chi sa ascoltare.
Un giorno solo, ma pieno: il Montello ti prende così
Per il mio giro in moto sul Montello, parto da Nervesa della Battaglia, un nome che già ti prepara all’atmosfera. Qui la guerra ha scavato trincee e lasciato cicatrici ancora aperte nel terreno e nella memoria. La moto ronza placida lungo la strada principale, ma io so già che oggi non seguirò solo l’asfalto.
Mi fermo un attimo davanti al Sacrario Militare, imponente e austero, incorniciato da cipressi e silenzio. Mi tolgo il casco: lo faccio sempre, quando passo da qui. È un gesto istintivo, di rispetto. Penso ai ragazzi che hanno combattuto quassù, tra fango e colpi di mitraglia, nel 1918.
Sopra la Dorsale: curve, quiete e verde ovunque
Salgo sulla Strada Panoramica, la celebre Dorsale del Montello. Un nastro d’asfalto che corre lungo tutta la cresta del colle, tagliando in due un bosco fitto, quasi misterioso. Il traffico è nullo, le curve sono ampie, il fondo è buono: la maxienduro scivola via che è un piacere.
Qui si guida col sorriso. Ogni tanto, tra un tornante e l’altro, si aprono squarci sulla pianura: vedi Treviso, il Piave che luccica, e in lontananza, se sei fortunato, le sagome delle Dolomiti. Ma non è solo la vista che colpisce: è il profumo di resina, di terra umida e di muschio che ti accompagna ovunque.
Prese e sentieri: il regno delle maxienduro
Il Montello è attraversato da 20 strade trasversali numerate, chiamate Prese. Alcune asfaltate, altre sterrate, qualcuna praticamente nascosta dalla vegetazione. È qui che inizia il bello. Prendo la Presa XV e mi infilo nel bosco. Lo sterrato è perfetto: compatto, con qualche pietra qua e là, ma nulla di impegnativo. Sospensioni che lavorano, gomme che mordono, e io che respiro forte dentro al casco. Arrivo alla Grotta del Tavaran Grando, una cavità naturale che si apre nel cuore del bosco come la porta di un altro mondo. Spengo la moto, la parcheggio sul ciglio della strada e mi incammino a piedi lungo il sentiero, tra la vegetazione. Qui si rifugiavano i soldati italiani durante la Prima Guerra Mondiale, qui la guerra ha lasciato il suo segno profondo.
L’atmosfera è irreale: sotto la volta rocciosa, il tempo sembra essersi fermato. Mi fermo un attimo ad ascoltare il silenzio. Nessuno intorno, solo il fruscio degli alberi, il respiro del bosco e qualche cinguettio in lontananza. Proseguo a piedi fino a imboccare un tratto secondario, segnato da un vecchio cartello scolorito: Sentiero dei Bunker. È un percorso poco battuto, nascosto tra felci e radici.
Cammino per qualche minuto con il casco in mano, mentre le strutture in cemento iniziano ad apparire tra gli alberi camminamenti, postazioni di tiro, ricoveri scavati nella terra. Molti sono ormai semi-inghiottiti dalla vegetazione, ma l’atmosfera è ancora densa, intensa. Mi sembra di sentire le voci, i comandi sussurrati, i passi rapidi nel fango e l’eco lontana di un’epoca che qui, tra questi alberi, non è mai andata davvero via.
Natura selvaggia, quasi incontaminata
Il bello di un giro in moto sul Montello è anche questo: ti porta fuori dal tempo. Nonostante sia vicino alla pianura urbanizzata, appena ci entri ti senti in un altro mondo. Il bosco è vivo: ci sono daini, cinghiali, tassi, persino volpi. In alcuni tratti, specialmente tra la Presa XII e la XVI, la vegetazione si chiude sopra di te come un tunnel verde. I raggi del sole filtrano tra i rami, la luce cambia, sembra di guidare in una foresta stregata. Amo questi momenti. La moto si muove lenta, il cuore rallenta, e io mi sento minuscolo ma parte di tutto.
Pausa mangereccia: il gusto autentico della terra
Quando l’ora lo impone e la pancia comincia a brontolare lascio il bosco e scendo lungo la Presa Cesare Battisti, una delle più suggestive del Montello. Qui, immerso tra campi, vigne e vecchi casali, c’è un agriturismo rustico che conosco bene. Non c’è insegna, né menù: solo un portico, tavoli di legno e il profumo della brace che ti accoglie prima ancora del sorriso dei gestori.
Parcheggio la moto sotto un grande gelso e mi siedo all’ombra. Oggi il piatto forte sono gli gnocchi fatti a mano, preparati con farine locali macinate a pietra, conditi semplicemente con burro fuso e salvia del cortile. Un piatto che sa di casa, che sa di tempo. Li accompagno con salame e sopressa tagliati grossi, formaggio fresco con un filo d’olio, funghi raccolti nel bosco quella mattina, pane cotto a legna e un bicchiere di prosecco frizzante come l’aria di ottobre.
Il gestore è uno di noi, motociclista con la passione per le gomme tassellate e per le strade dimenticate. Si parla di sospensioni, di vecchie moto da rally, di viaggi fatti e sogni ancora da realizzare. Ma si finisce sempre lì: a parlare del Montello, di chi ci vive, dei sentieri che solo chi lo ama davvero sa trovare. È una pausa semplice, ma intensa. Di quelle che ti riconciliano con la giornata e con il gusto delle cose fatte con le mani e con il cuore.
Ultimi chilometri tra prese dimenticate
Nel pomeriggio mi spingo verso ovest, in una zona ancora più selvaggia del Montello. Qui trovo sentieri poco battuti, ideali per un po’ di enduro tranquillo, senza forzare il ritmo. Il terreno cambia: diventa più sabbioso, mosso, scavato dalla pioggia.
Parcheggio la moto poco distante dai resti dell’Abbazia di Sant’Eustachio, un luogo sospeso nel tempo, dove le pietre raccontano storie di monaci, pellegrini e soldati. Cammino tra le rovine in silenzio, col casco in mano, cercando di immaginare com’era questo posto secoli fa, e cosa ha visto durante i giorni più bui della Grande Guerra.
Alla fine, rientro a Nervesa. La moto è impolverata, i pensieri sono puliti. Il Montello non è epico come le Dolomiti, non ha i panorami dell’Appennino, ma ha qualcosa che resta. È il luogo perfetto per chi ama guidare senza fretta, sporcarsi le gomme su sterrati facili, e respirare la storia. È un luogo che ti parla. Devi solo essere disposto ad ascoltarlo.
Tappe consigliate per un giro in moto sul Montello
- Sacrario Militare
- Dorsale del Montello
- Grotta del Tavaran Grando
- Sentiero dei Bunker
- Abbazia di Sant’Eustacchio